Vivere un lutto: il dolore della perdita come risorsa nel processo terapeutico

È noto a tutti che la perdita di una persona cara può essere un evento dirompente e fortemente destabilizzante nella vita di chi rimane. Ci si può sentire sopraffatti, soprattutto nella fase iniziale, da emozioni molto intense, che vanno dal dolore alla rabbia, dalla tristezza alla paura per il proprio futuro, dal senso di colpa alla prostrazione profonda, dalla disperazione al timore di non farcela o in alcuni casi da anestesia e congelamento come meccanismo difensivo allo shock della perdita. È altrettanto noto ormai quanto siano importanti, nel percorso di elaborazione del lutto, le diverse fasi che accompagnano il processo, che consentono di attraversare l’intera gamma di emozioni suscitate dalla perdita , fino ad arrivare all’accettazione e all’integrazione nella propria vita della mancanza della persona cara.

Ma ciò su cui vorrei in realtà portare l’attenzione è altro, che mi pare venga trascurato quando si parla di elaborazione del lutto; ossia quanto, un evento così emotivamente sconvolgente, faccia spesso da apriporta a scrigni di temi interiori mai consapevolizzati, che possono essere slatentizzati e letteralmente scoperchiati a seguito della mancanza di una persona cara. La cura di tali temi, a mio parere, non può non essere integrata nel lavoro terapeutico di elaborazione del lutto. Il dolore, seppur nello strazio, spalanca il cuore, e quando il nostro cuore viene ‘toccato’ con intensità, un po’ come anche nell’innamoramento, inevitabilmente riemergono antiche ferite di cui non eravamo consapevoli, ma possono fiorire al contempo anche enormi possibilità trasformative. Dunque, nello spazio di quel dolore immenso, a tratti insopportabile, si aprono anche preziose opportunità. Quella ferita può diventare una risorsa, una feritoia che cela inaspettate e profonde connessioni con se’, con l’esistenza e con la persona cara che non è più fisicamente presente nella propria vita.

Ecco alcuni esempi di temi che possono sollevarsi dopo un lutto: Lucia, di cui parlerò dopo più diffusamente, perde suo padre e sente di poter crollare: si aprono tratti di dipendenza. Elisa, perde la sua bambina prima di averla conosciuta e prova un grande senso di colpa: fantasmi punitivi legati alla sessualità e alla sua femminilità provenienti dall’infanzia le suggeriscono che è stata così ‘cattiva’ da essere punita dal fato. Gianpaolo, che si appoggiava sul suo papà professionalmente provando un misto di sollievo ( è lui che tiene in piedi tutto) e frustrazione ( mi schiaccia, non potrò mai emergere ma soprattutto io non sarò mai bravo come lui). Suo padre muore all’improvviso e si ritrova in mare aperto a poter guardare in faccia le radici della sua paura di diventare grande e sorreggersi sulle sue gambe e temi legati alla sua autostima. Francesca, con la difficoltà di digerire il suo aborto non solo per la perdita in se’ ma anche perché l’evento risuona nella sua mente con un: ‘Non sei perfetta, hai fallito, non sei abbastanza’, aprendo l’esplorazione ad un tema di perfezionismo e inadeguatezza…e potrei andare avanti a lungo, ma mi soffermerò ora sul caso di Lucia.

Lucia e’ una donna adulta con una famiglia, un marito e due figli: perde suo padre e sente che la terra le crolla sotto i piedi. ‘’Chi sono senza di lui? Che senso ha adesso la mia vita? Chi mai mi darà quell’amore incondizionato che ricevevo da lui? Non so se ce la farò ad andare avanti adesso.’’

Ecco come la perdita di un caro può muovere temi inconsci e rivelarci degli irrisolti, in questo caso di dipendenza, che, la funzione che la persona cara aveva per noi, consentiva di tenere ‘coperti’.

Lucia, ad esempio, a seguito di questo lutto, ha potuto aprirsi nel lavoro terapeutico di elaborazione ad un’esplorazione più profonda, legata a quanto il naturale dolore per la mancanza del suo papà, fosse impregnato di un vuoto, una mancanza e un dolore ben più antichi risalenti alla sua infanzia.

Lucia inzia a scoprire e a sentire quanto nella sua infanzia le fosse mancato il sostegno emotivo, l’empatia, l’accettazione e il riconoscimento da parte di sua madre, tanto da ‘aggrapparsi’ a suo padre e sviluppare un legame di dipendenza dalla sua figura. Dipendenza sana ed auspicabile nell’infanzia ma che è necessario lasci il posto, diventando grandi, ad un radicamento sulle proprie gambe e ad un senso interno di sicurezza.

Se ci sono stati dei buchi emotivi, delle mancanze e il non soddisfacimento di alcuni bisogni fondamentali, questa crescita si blocca e restiamo piccoli e bisognosi dentro di noi, tendenti ad ‘aggrapparci’ a qualcuno che possa darci quella sicurezza che non riusciamo a sentire nel nostro intimo.

Questo ci mette in contatto con la sensazione ed il rischio di cadere, se quella persona si sposta dalla relazione per qualsiasi ragione o se muore.

“Francesca mio padre è stato la terra sotto i miei piedi, sento che se lui manca io crollo’’, le parole di Lucia all’inizio del suo percorso. Convivono in lei la mancanza di quel papà così tanto amato e da cui si è sentita a sua volta amata profondamente, ma c’è anche un bisogno irrisolto dell’infanzia riversato su un’unica figura affettiva, isola felice, paradiso perduto, unica medicina al vuoto dell’assenza emotiva della mamma.

E allora forse, elaborare un lutto, non può sempre essere un processo così lineare, ma molto più spesso diventa un lavoro di scioglimento paziente e graduale di un’intricata matassa. Sciogliere uno per volta i nodi di questo intreccio che si annodano tra il dramma del presente e blocchi emotivi legati al passato, fa si che il lavoro sul lutto, per quanto difficile, faticoso e doloroso, possa diventare un’enorme opportunità di trasformazione.

Lo scioglimento di questi nodi potrà condurre verso un’adultita’ più integrata ed evoluta ed una trasformazione del legame con la persona che abbiamo perso; legame che depurato dagli aspetti proiettivi e compensativi può ritrovare la sua potenza in una connessione essenziale, naturale e profonda che abita nello spazio di un cuore più libero, aperto, leggero e in grado di amare anche oltre la vita.

Dopo circa un anno di lavoro terapeutico Lucia in una seduta dice in un dialogo interiore con suo padre, piangendo di una tenera commozione: ‘’Papà, sento il mio cuore vicino a te, sento che ci sei, sento così forte la tua presenza dentro di me che la tua mancanza fisica inizia a diventare più morbida e meno dolorosa. Il vuoto è colmato da un senso di pienezza. Sento che ci sei e che io te saremo per sempre noi’’.

La sua commozione tocca anche il mio cuore. Essere testimone di queste trasformazioni mi fa sentire onorata e grata. Lucia inizia a sentirsi radicata sulle sue gambe, nella pienezza di se’ e del contatto profondo con il papà che si porta dentro.

La vita non tornerà più quella di prima, ma nel flusso dell’esistenza in cui rientra anche la morte e in cui ‘tutto scorre’, c’è la possibilità di lasciarsi fluire con ciò che c’e così com’è, l’opportunità di starci dentro coraggiosamente per potersi aprire a qualcosa di nuovo e prezioso dentro di se’, qualcosa che ha un sapore d’infinito.

Ti è piaciuto questo articolo?

Condividi su Facebook
Condividi su Whatsapp
Condividi su Twitter
Condividi su Linkdin
Condividi su Telegram

Lascia un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *