Il piacere delle donne e la vulnerabilità. Anche le vagine piangono.

La sessualità è una componente fondamentale della nostra energia vitale e creativa e quando è soffocata o repressa influisce sul bilancio energetico complessivo e può essere all’origine anche di disturbi sia fisici che psichici. I nostri modi di vivere il sesso e l’intimità hanno un comune denominatore e sono influenzati da sentimenti profondi di inadeguatezza, vergogna, paura, insicurezza che ci portiamo dietro come fardelli castranti dalla nostra storia passata. Vivere una buona sessualità in cui poterci esprimere in modo libero e in cui godere di una connessione davvero intima e appagante nell’incontro con l’altro implica il fare i conti con la vulnerabilità che l’intimità con l’altro solleva, vulnerabilità che non riguarda soltanto la sessualità in sé ma la persona nella sua interezza, con tutti i vissuti che si porta dentro.

“La sessualità non è una faccenda tanto semplice per me. Mi sento sempre un po’ bloccata, anche con partner di cui mi sento molto innamorata”, dice Stella che pare questa volta pronta a guardare più da vicino questo tema.

“Dimmi di più.”

“Sento che vorrei e potrei esprimermi in modo più libero e creativo ma mi blocco, mi censuro, arrivano paura, vergogna… sento che non si deve, che non si può, che è sbagliato, che non posso essere davvero quella che sono”.

“Dove o da chi hai imparato che non si può, che tu non puoi…che tu non puoi essere chi sei?”, le domando.

“Non saprei esattamente, ma ciò di cui sono certa è che sento di imbrigliare il mio piacere, che è come se andassi in Ferrari con il freno a mano tirato. “

“Cosa stai sentendo Stella mentre mi dici questo?”

“Sento qualcosa che si muove nella pancia, un’energia che si blocca lì come se non fosse autorizzata a scendere verso i genitali”.

“Cosa immagini che potrebbe accadere se scendesse?”

“Sento un senso di pericolo, qualcosa di minaccioso per me ma anche per gli altri”.

“Proviamo ad esplorarlo più da vicino?”.

Stella accetta senza titubanze.

“Ti faccio una proposta che ti apparirà piuttosto buffa o forse assurda. Prova a chiudere gli occhi e ad immaginare di avere seduta di fronte a te la tua vagina. Cosa vedi? Che immagine prende forma davanti ai tuoi occhi?”.

“E’spaccata in due, un po’ deforme e ripiegata su se stessa, occupa pochissimo spazio…”.

“Pare che non abbia vita facile”, dico io.

“E’ provata, non può esistere, ho la sensazione che se si desse il permesso di esserci farebbe dei danni”.

“Cosa provi tu davanti a questa immagine?”.

A questa domanda Stella inizia a piangere in modo improvviso e intenso.

“Sento che…che mi dispiace molto per lei, mi dispiace, mi dispiace tanto, dice via via con tono di voce più alto”.

“Come mai la vagina si sente così tanto scissa in due, ritirata, deprivata? Che fantasie fai?”

“Non so, mi viene in mente mia madre…a mia madre la mia energia non piaceva, men che meno quella sessuale. Ho avuto sempre la sensazione che se io mi fossi espressa in modo libero lei sarebbe impazzita o si sarebbe depressa ancor di più. Dovevo stare sotto controllo, dovevo essere ciò che lei voleva, non potevo mostrarmi per ciò che ero, era pericoloso. Lei sarebbe morta di dispiacere e io di senso di colpa. E poi vedevo la sua invidia verso la sensualità di mia sorella, vedevo la sua distruttività…come cercava di demolirla e allora io la mia l’ho fatta fuori prima di sentire anche quest’altro schiaffo. Mi sono spaccata in due per diventare quello che lei voleva….ma poi dentro…insomma, tu lo sai. Vergogna, inadeguatezza, questa maledetta sensazione di sentirmi sbagliata, di dovermi nascondere….che causerò gravi danni a qualcuno se mi esprimerò nella mia pienezza….e allora mostro un pezzo qua, uno là…mai tutta. Così anche nella sessualità. Ma ora lo so, mi è chiaro dopo il lavoro con te che non è così, che nessuno morirà davvero e inizio a sentire di più la possibilità di esserci tutta.” dice Stella.

Le sue parole mi fanno venire in mente la descrizione che Marina Valcarenghi, nel suo testo sulle ombre della maternità, fa delle madri misogine e narcisiste. Le prime sentono di dover fare tutto il possibile per non perdere il controllo sulla figlia e affinchè quest’ultima non si sottragga alla loro potente, castrante e manipolatoria influenza. L’illusione sotterranea è che la figlia, vissuta narcisisticamente come un’estensione di sé, non diventi troppo diversa da come lei è e quindi estranea. Il sottile plagio rispetto ai modi di pensare, agire e ancor peggio, ai modi d’ essere è quotidiano e pervasivo. Il rispetto della dignità d’essere e del diritto ad avere una propria individualità è assente in queste madri, che si aspettano che i figli vivano in funzione delle loro aspettative (a fin di bene nel loro vissuto) negando la loro personale e unica soggettività. Queste figlie sentono sbagliato ogni loro slancio naturale, soffocano i sentimenti più veri e profondi reputandoli a volte irreali, si nascondono per essere ciò che sono e convivono con il terrore di essere scoperte…come se essere scoperte nello loro verità ed essenza fosse un vero e proprio reato. Dispiegare le ali e spiccare il volo non è possibile per le bambine e poi giovani donne, figlie di queste madri. Colpa e inadeguatezza sotterrano gli slanci vitali più autentici spaccando l’integrità della persona e la sua energia vitale, inclusa quella sessuale.

Portare consapevolezza a questi meccanismi energizzando i congelamenti psico-corporei che li sostengono avvia un processo di cambiamento.

Stella ora guarda l’immagine della sua vagina e dice:

“Vorrei fare qualcosa per lei ma non so cosa”.

“Chiediglielo, chiedi a lei di cosa ha bisogno”, dico io.

Stella ride, le pare davvero buffo dialogare con la sua vagina e farle addirittura delle domande, ma al contempo sembra per lei un’esperienza rivitalizzante prendere contatto con questa parte di sé.

Glielo chiede.

Ora siediti al posto della vagina e diventa lei immaginando Stella di fronte a te.

“Cosa risponde a Stella”?, domando io.

“Portami con te, non farmi fuori. Nessuno morirà se io esisto.”.

Stella, nei panni della sua vagina, si commuove nuovamente.

“Bene, credo che il titolo del mio prossimo articolo sarà “Anche le vagine piangono”, dico a Stella che scoppia in una risata fragorosa che è in sintonia con l’energia che vedo ora circolare in modo più fluido nel suo corpo, un corpo più vibrante, un corpo che può iniziare ad autorizzarsi una maggiore interezza, unica strada verso il piacere.

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