Stare bene in coppia: scendere ai piani bassi per ritrovare connessione

Per essere amati abbiamo bisogno di essere amabili, cioè capaci di amare. Per essere amabili è necessario essere umili, protendersi, aprire il proprio cuore ed essere vulnerabili.

A. Lowen

Parto da un presupposto di base: stare bene in coppia richiede alcuni ingredienti semplici ma fondamentali: cura, attenzione e impegno.

“Il nostro amore andrà avanti da sè”, si tende a pensare.
Lasciamo questa credenza al mondo delle favole e ripiantiamo i piedi al suolo.
L’amore non basta se non è accompagnato da un serio intento di prestare cura ed attenzione alla relazione; non basta se non è farcito da una massiccia dose di umiltà e flessibilità.
L’umiltà serve per guardarci dentro e sentire quali sono i passi che muoviamo nella danza della coppia che scatenano la reazione difensiva, impulsiva e di chiusura dell’altro. Ci serve per spostarci dai nostri bisogni narcisistici ed egoici e domandarci in che modo stiamo “usando” o abbiamo usato il partner per colmarli.
Ti ho forse scelto perché sai dare tanto conforto al mio vuoto? Sto con te perché mi vedi come un Dio e questo mi gratifica? Ti amo tanto perché in realtà ho bisogno del tuo pronto soccorso emotivo? Mi serve la tua compiacenza e il tuo servilismo per sentire di avere valore e potere? E così via.

Quanto vediamo davvero l’altro accecati dall’illusione e dalla pretesa che ci dia esattamente ciò di cui abbiamo bisogno o che diventi esattamente ciò che DEVE diventare per far star bene noi?

Tante coppie entrano in crisi quando alcuni di questi bisogni compensativi saltano per aria scardinando l’equilibrio della relazione.

Caduto il velo dell’illusione, in cui scopriamo che l’altro non potrà darci ciò di cui abbiamo tanto bisogno (oppure noi stessi o il partner evolvendo, non ne necessitiamo più), inizia a logorarsi il primo filo che faceva da collante al rapporto: i nostri bisogni irrisolti!
Il partner è stato un ottimo ansiolitico per un certo tempo ma ora non funziona più.

E qui si aprono diversi scenari: la crisi sugella la fine di un precedente assetto e consente una rinascita ad un nuovo equilibrio; la coppia scoppia oppure convive con il profondo malessere determinato da logoranti conflitti o gelide distanze.

Lavorando ormai da diversi anni con le coppie ho scoperto quanto sia utile, prezioso e risanante aiutare i membri della coppia a scendere – da un piano mentale, corazzato e difensivo , in cui ci si ingarbuglia in sermoni senza fine, sterili conflitti e dinamiche distruttive – a quelli che io chiamo “i piani bassi”.
A cosa mi riferisco? E cosa accade ai piani bassi?

I membri della coppia arrivano spesso portando temi che potrebbero apparire banali ma dentro i quali si muovono sentimenti più profondi. La reazione difensiva spinge alla chiusura, all’attacco o alla razionalizzazione. Non c’è lucidità qui. Si crea loop.
Ognuno è immerso, anzi sommerso, da un film legato non di rado a ferite del proprio passato che sono state riattivate dall’altro. Finché si rimane su quel piano non c’è via d’uscita. Si entra nella trappola della disperazione e dei circoli viziosi senza fine.
I vissuti predominanti sono l’impotenza, lo sconforto, l’anestesia emotiva, la rabbia, il congelamento.

Guidare i partner verso “i piani bassi” significa aiutarli, attraverso l’utilizzo del lavoro corporeo, del respiro, della piena consapevolezza e dell’ascolto di se’, ad immergersi in uno spazio di maggiore intimità con il loro mondo interno.

Cerco di promuovere un radicamento nella loro esperienza corporea ed emotiva che li aiuti a sentire quali vissuti si muovono intimamente sotto la tempesta.
Li accompagno a ritornare in contatto con la naturale capacità, che hanno smarrito, di stare con il cuore aperto e li conduco a ritrovare una visione più nitida e chiara di ciò che sta accadendo.

Dopo o durante queste immersioni, emergono delicatamente emozioni più tenui e morbide.
La tristezza dietro la rabbia, la vergogna dietro la chiusura, il dolore dietro il congelamento.
Arriva la disponibilità dei partner a spogliarsi della propria corazza difensiva e il desiderio di condividere a cuore aperto ciò che stanno provando.

Le parole che arrivano dal cuore toccano un altro cuore.

Anche l’altro partner accoglie, si apre a sua volta.
Sono sempre momenti molto emozionanti che hanno il sapore di un caldo abbraccio dopo aver fatto tanta guerra.
Momenti che hanno il sapore di un “Mi dispiace”, “Scusa se non mi sono accorto/a di te”, “Hai voglia di dirmi cosa posso fare per te?”, ” Mi sono arrabbiato/a ma in realtà ho sentito che sotto c’era dolore perché vorrei raggiungerti di più”, ” Mi chiudo non perché non m’importi di te ma perché a volte mi fai paura”, “Mi congelo perché penso di non essere abbastanza per te e questo mi crea vergogna”.

Da qui iniziamo poi ad esplorare e rielaborare qual’e il punto sensibile toccato dall’altro che ha rievocato reazioni estremamente reattive e difensive, spesso collegate a ferite personali irrisolte.
Ci si scopre, ci si spoglia, si sta, emotivamente nudi.
Questo dà la possibilità di farsi vedere più a fondo.
Conoscere le aree vulnerabili del partner aiuta a ritrovare alleanza.
“Ora colgo cosa ti accade profondamente e ne terrò conto, mi muoverò con maggiore cura” sembra possano dirsi i partner.

È un processo che conduce verso una rinnovata connessione e consente di ricostruire fiducia.

A questo punto iniziano a fluire lacrime di scioglimento e commozione.

Anche in me.

Il miracolo dell’Amore apre il cuore.

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