E adesso io ci sono, ci sono amorevolmente per me. La storia di Francesco

Fare un bilancio di questi anni di percorso non è semplice. I cambiamenti mi scorrono addosso e quasi non ne ho la percezione.

Ma non posso negare di avere coscienza di essere, oggi, una persona diversa da quella che ero all’inizio di questo percorso. Ho chiesto aiuto principalmente perché non riuscivo a gestire le relazioni affettive, ma realtà sono riuscito ad esplorare moltissimi ambiti della mia personalità e questo mi ha aiutato a conoscermi meglio e a fare affidamento agli strumenti che via via ho acquisito.

Partiamo proprio da qui, dalle relazioni affettive. Sono arrivato da te che ero completamente vittima delle mie passioni e del disperato bisogno di avere una persona accanto. Oggi questa persona ce l’ho ma arricchisce una vita che era già bella quando l’ho conosciuto. Il mio compagno è il frutto di una serenità ritrovata, non il contrario. Vivere con lui è sicuramente emozionante e rassicurante allo stesso tempo, ma sento che la mia vita avrebbe senso e valore anche in sua assenza, perché la sola persona a cui davvero non posso rinunciare nella mia vita sono io. E adesso io ci sono, per me. Ma la vita di coppia non è tutta rose e fiori, inevitabilmente scopro incompatibilità di carattere che devo imparare a gestire. Lo faccio con nuovi strumenti: l’assertività, la consapevolezza di me e dei miei bisogni, la capacità di dire di no, ma anche una rinnovata amorevolezza e clemenza nei confronti degli altri, quella stessa che rivendico per me. Sto attraversando il periodo in cui, come dici tu, devo trovare un equilibrio tra la passata dipendenza e la presente contro-dipendenza, per trovare il giusto mezzo tra l’essere schiacciato e la tendenza a schiacciare gli altri. Ne ho una forte consapevolezza.

Questo aspetto mi riguarda anche nella vita lavorativa. Dopo anni di silenzi e di sissignore, sto scoprendo recentemente la possibilità di dire la mia, anche quando la mia è una posizione scomoda per l’interlocutore. Le persone intorno a me sono disorientate e devono abituarsi a questo nuovo me, e credo sia mio compito, anche in questo caso, raggiungere un giusto equilibrio tra la sudditanza e l’arroganza. Non posso negarti che l’esplorazione di queste nuove possibilità è molto eccitante, mi dà come un senso di riscatto, lo percepisco come una forma di autoaccudimento. Sento che è una cosa buona per me, e recentemente ho acquisito una maggiore consapevolezza di cosa è bene per me.

Un altro successo importante è stato quello di liberarmi dalle aspettative che credevo che gli altri avessero nei miei confronti, come succedeva con te durante le esperienze in studio. Poter rivendicare il diritto di sottrarmi ad un esercizio è stata una grande rivelazione prima e conquista poi. Mi ha permesso di ampliare i miei orizzonti e capire che non esiste un’unica verità, un unico modo in cui le cose devono andare, ma ne esistono molte fra le quali scegliere e la scelta spetta a me.

Mentre pensavo a cosa scriverti in questa lettera, nei giorni scorsi, una parola in particolare affiorava alla mia mente: amorevolezza. Innanzitutto l’amorevolezza che tu hai dimostrato nei miei confronti, anche quando io pensavo di non meritarla, come ad esempio quando ti ho comunicato che volevo concludere il mio percorso. Anche questa è stata un’esperienza nuova: sapere che si può continuare ad essere amati anche quando si fanno scelte che possono divergere dalla direzione dell’altro. Ma al tempo stesso, aver liberato quelle energie che erano rattrappite nella rabbia, nel rancore, nell’autoflagellazione, nella disistima, mi ha permesso di riscoprire l’amorevolezza anche in me nei confronti degli altri. Oggi sento di avere a disposizione maggiori energie per ricordarmi di ringraziare e di chiedere scusa alle persone, di usare clemenza con chi ne ha più bisogno.

Per quanto riguarda i miei genitori, è stato duro, come sai, affrontare la consapevolezza delle loro mancanze e al tempo stesso non mettere in discussione il loro amore per me ed il mio per loro. Però oggi riesco a convivere con queste due facce della stessa moneta con maggiore facilità. Non sento che sono imminenti i tempi per una apertura totale nei loro confronti rispetto alla mia omosessualità… o forse questo non avverrà mai. Ho messo in conto che questa parte della mia vita possa non essere condivisa con loro, e tutto sommato lo sento tollerabile, nel rispetto di me stesso e anche di loro. Sono pervaso da una tale serenità e da un tale appagamento, che non ho bisogno di imporre scomode verità a nessuno, neppure a mio fratello che alla fine si è dimostrato molto più rigido di quanto avrei immaginato. Ma io rispetto la sua difficoltà, perché è stata la mia per quarant’anni e so benissimo cosa significa. E come, per me, c’è voluto un po’ di tempo e un po’ di fatica, così penso che ne servirà a lui, a loro, per arrivare a capire che la felicità può avere forme diverse (e sì che mio fratello dovrebbe saperne qualcosa).

In realtà se dovessi descrivere il mio stato d’animo in questo momento non parlerei di felicità, anche se è un sentimento che in maniera discontinua sento molto forte. Credo di aver raggiunto uno stato di serenità e di forza interiore, di consapevolezza delle mie capacità e possibilità, degli strumenti che ora sono nelle mie mani e che, anche se adesso non li utilizzo correttamente, so che ci sono e che mi potranno essere d’aiuto.

Un altro traguardo raggiunto è quello di vedere la situazione contingente come un momento temporaneo e non definitivo. Questo mi aiuta a superare i momenti in cui non riesco a fare qualcosa o qualcosa non va bene: mi dico per ora non riesco a farlo, per ora non va bene, e mi apro alla possibilità che il futuro sia diverso, che le cose si sistemino.

E il viaggio continua, ora sulle mie gambe.

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